Introduzione

Leucemia linfatica cronica

La leucemia linfatica cronica (LLC), è una malattia linfoproliferativa cronica detta anche leucemia linfocitica cronica, caratterizzata dalla proliferazione anomala di linfociti maturi (nel 95% dei casi di linfociti B e nel 5% dei T), apparentemente normali, che, però risultano essere tumorali perché non completamente differenziati e, quindi, poco attivi dal punto di vista immunologico. Ha una progressione lenta nel tempo ed è la forma di leucemia più frequente negli adulti, soprattutto nella popolazione compresa tra i 67 ed i 72 anni.

Effetti della leucemia linfatica cronica

I linfociti sono cellule del sistema immunitario che sorvegliano l'organismo e attivano le difese nei confronti di microorganismi (batteri e virus), cellule tumorali, o altri agenti potenzialmente pericolosi. Si distinguono in B o T in base al tipo di risposta che sono in grado di determinare.

Nella leucemia linfatica cronica la cellula madre che darà origine ai linfociti subisce una trasformazione maligna e produce un clone linfocitario, vale a dire un gran numero di cellule uguali tra loro che non rispondono più agli stimoli fisiologici e diventano immortali. Continuano così a riprodursi e ad accumularsi nel sangue, nel midollo osseo, negli organi linfatici (linfonodi e milza) e, talvolta, anche in altri organi, provocando linfoadenomegalia e splenomegalia. Un aumento fuori controllo di questi linfociti ha come conseguenza una diminuzione dei granulociti, dei monociti, dei globuli rossi e delle piastrine, condizione che porta ad anemia, emorragie ed ematomi

Diffusione nella popolazione

La leucemia linfatica cronica è la leucemia più comune nel mondo occidentale ed è tipica nell'anziano. L'età media in cui è accertata (diagnosticata) è attorno ai 65 anni e solo nel 15% dei casi è scoperta prima dei 60 anni, ha una prevalenza nel sesso maschile. Colpisce ogni anno circa 5 persone su 100.000 e il numero di nuovi casi (incidenza) aumenta con l'aumentare dell'età. In Italia le stime parlano di circa 1.600 nuovi casi ogni anno tra gli uomini e 1.150 tra le donne. Nelle popolazioni orientali l'incidenza è molto bassa, anche se queste ultime vivono in paesi occidentali; ciò fa pensare ad una predisposizione genetica, piuttosto che ad un condizionamento ambientale, teoria supportata anche dall'evidenza che il 10% dei pazienti ha dei familiari affetti da LLC o da altre malattie del sistema linfatico.

Lo stadio della malattia

La leucemia linfatica cronica è una malattia dall'andamento variabile. In alcune persone può restare stabile per più di dieci anni mentre in altre può progredire rapidamente. Conoscerne la fase è importante per scegliere la cura più indicata (Video). La sua diagnosi viene fatta casualmente in seguito agli esami del sangue, generalmente in seguito ad una linfocitosi (>5000/mmc) che persiste per almeno 3 mesi. 

Per la leucemia linfatica cronica esistono diversi sistemi di stadiazione, che in altre parole, consentono di assegnare uno stadio alla malattia in base a criteri definiti. Lo stadio clinico è definito secondo 2 criteri di stadiazione:

  • la stadiazione secondo Ray, che divide la malattia in 5 stadi, da 0 a IV correlati con una diversa sopravvivenza:
    • 0 solo linfocitosi periferica e midollare
    • I linfocitosi + adenomegalia
    • II linfocitosi + splenomegalia e/o epatomegalia
    • III linfocitosi + anemia (Hb<11 gr/dl)
    • IV linfocitosi + piastrinopenia (<100000/mmc)
  • la stadiazione secondo Binet, che divide la malattia in 3 stadi, da A a C. Questa stadiazione valorizza, ai fini prognostici, l'importanza della massa tumorale che può interessare 5 diverse aree linfoidi: cervicale, ascellare, inguinale, milza e fegato.
    • stadio A: linfocitosi assoluta > 10000/ul nel sangue e interessamento di meno di tre aree linfoidi, assenza di anemia e piastrinopenia (Hb>10 gr/dl, PLTS > 100000/mmc)
    • stadio B: come stadio A, ma con interessamento di 3 o più aree infoidi
    • stadio C: anemia e piastrinopenia (Hb<10 gr/dl, PLTS < 100000/mmc), indipendentemente dal numero di aree linfoidi coinvolte

Tali sistemi di classificazione che sono molto diffusi e utili nella pratica clinica, poiché si basano sulle caratteristiche cliniche e sui valori dell'emocromo, hanno, però, il limite di non tenere conto dei nuovi parametri biologici che oggi il medico utilizza per definire l'evoluzione della malattia e scegliere la terapia. Tra questi parametri troviamo: il dosaggio della beta 2 microglobulina, che indica l'evoluzione verso la malignità e dosaggio dell'enzima lattico deidrogenasi (LDH). La presenza di alterazioni citogenetiche (IGHV), in particolare la mutazione di TP53.

La malattia è definita refrattaria quando non risponde alle cure.

Anche se, normalmente, la leucemia linfatica cronica non può essere guarita, le cure consentono di tenerla sotto controllo per molti anni. La probabilità di riuscita dipende dallo stadio (se è circoscritta o se è diffusa ad altri organi) nonché dall'età e dalle condizioni generali di salute della persona malata al momento della diagnosi.

Sintomi

In genere, nella fase iniziale la leucemia linfatica cronica (LLC) non provoca disturbi (sintomi) evidenti e, in oltre la metà dei pazienti, è scoperta casualmente nel corso di accertamenti eseguiti per altre ragioni o perché compare un linfonodo ingrossato a livello del collo, delle ascelle o dell'inguine. Infatti, in circa due casi su tre, l'accertamento (diagnosi) avviene in uno stadio in cui ancora non sono presenti disturbi (sintomi). Quando compaiono, quelli più frequenti sono l'adenopatia generalizzata (i linfonodi appaiono di consistenza elastica e non sono dolorosi al tatto) e l'ingrossamento di milza (splenomegalia) e fegato (epatomegalia).

I disturbi (sintomi) che si sviluppano in seguito sono simili a quelli di altri tipi di leucemie, provocati dall'invasione delle cellule maligne nel midollo, a scapito di quelle sane. Possono includere stanchezza persistente, infezioni frequenti, emorragie, inspiegabile perdita di peso, senso di sazietà precoce mentre si mangia e, meno comunemente, gonfiore non doloroso dei linfonodi del collo, delle ascelle e dell'inguine.

A volte, la leucemia linfatica cronica può anche generare un ingrossamento della milza tale da esercitare pressione sullo stomaco e provocare così mancanza di appetito o i segni di un'indigestione. Altri disturbi (sintomi) più evidenti possono includere grave affaticamento, pallore, dolori ossei, palpitazioni, sudorazioni notturne, febbre e facilità alla formazione di lividi.

Se qualcuno o addirittura tutti i disturbi elencati dovessero essere presenti, è bene consultare il medico di famiglia al più presto perché, pur essendo molto improbabile che sia la leucemia linfatica cronica a determinarli, bisogna indagarne le cause e curarle.

Cause

Le cause della leucemia linfatica cronica (LLC) non sono chiare. Al momento, non esistono prove che dimostrino una relazione tra la malattia e l'esposizione a radiazioni, sostanze chimiche (benzene), infezioni o alimentazione.

Avendo osservato che tra alcune popolazioni è meno frequente, e tale rimane anche se cambiano le condizioni ambientali, si suppone che alla base ci siano delle caratteristiche genetiche familiari che possano predisporre alla malattia. Evidenza confermata dall'osservazione che nei parenti di primo grado dei malati di leucemia linfatica cronica, la frequenza è maggiore rispetto a quella osservata nella popolazione generale di pari età e sesso. Ciò che si può affermare è che il substrato genetico della LLC consiste nell'intervento di più geni con diversa potenzialità oncogenetica.

Negli ultimi anni sono stati fatti dei progressi nella comprensione dei meccanismi alterati che sono alla base della malattia. In particolare si è capito che i primi interventi che che sviluppano poi questi cloni maligni di linfociti avvengono nella cellula staminale (cellula madre, che dà origine a tutti i tipi di cellule ematiche) e riguardano l'espressione di alcuni fattori di trascrizione, mutazioni specifiche di alcuni geni importanti, come NOTCH1, oppure eventi che si verificano in cellule che cominciano a differenziare come linfociti B, in particolare il recettore delle cellule B (BCR). Queste modifiche conferiscono alla cellula la possibilità di non andare incontro alla morte programmata (apoptosi), ma di sopravvivere molto più a lungo come cellula incompleta. Questa condizione provoca un accumulo di tali cellule nel sangue, negli organi linfatici (linfonodi e milza) e nel midollo osseo, caratteristiche cliniche di tale patologia. Studi genetici hanno anche identificato mutazioni ricorrenti nei geni che regolano le interazioni tra le cellule tumorali ed il microambiente midollare, interazioni richieste per la crescita del tumore, la migrazione e l'invasione cellulare. In ogni caso la leucemia linfatica cronica non è trasmissibile e non è possibile determinare regole precise per prevenirla.

Fattori di rischio

Come molti tumori, anche la leucemia linfatica cronica può essere provocata da fattori ambientali che interagiscono con caratteristiche genetiche dell'individuo. Non sono stati identificati fattori di rischio modificabili dall'individuo.

Diagnosi

Sebbene la leucemia linfatica cronica (LLC) sia spesso scoperta durante esami periodici di controllo (esami di routine) effettuati per altri motivi, per avere la conferma della sua presenza è importante rivolgersi al medico di base o allo specialista che, dopo una attenta valutazione dei segni e dei disturbi (sintomi) della malattia, prescriverà gli esami più adatti per accertarla (diagnosticarla).

Sono stati identificati due diversi tipi di leucemia linfatica cronica:

      • a progressione molto lenta, tanto che a volte trascorrono anni prima che il malato abbia bisogno di una cura
      • a crescita rapida, forma più grave della malattia

Per distinguere i due tipi di leucemia linfatica cronica sono necessari esami specifici che valutino il livello di alcune proteine come ZAP-70 e CD38, che sono presenti in concentrazioni più elevate nella forma a crescita veloce.

Esami del sangue

In caso di sospetto di leucemia linfatica cronica si inizia con un esame del sangue, l'emocromo completo. Consente, prelevando una piccola quantità di sangue da una vena del braccio, di misurare la quantità dei diversi tipi di cellule presenti nel sangue: in caso di LLC, il numero dei linfociti risulta aumentato ed anche il rapporto tra le varie popolazioni di globuli bianchi (inversione della formula leucocitaria). Inoltre si può osservare diminuzione di globuli rossi e di piastrine. Poiché la quantità di linfociti nel sangue può aumentare anche in presenza di altre malattie (infezioni virali), per confermare la diagnosi di LLC, si fa un'analisi denominata immunofenotipica,  che permette l'identificazione sulla membrana di questi linfociti, di particolari proteine assenti su linfociti normali. 

Ulteriori esami di routine comprendono il dosaggio del LDH (enzima lattico deidrogenasi) e la β2 microglobulina, l'elettroforesi sieroproteica ed il dosaggio delle immunoglobuline.

Raggi X e diagnostica per immagini

In alcuni casi, per escludere la presenza di eventuali complicazioni o per verificare se i trattamenti abbiano avuto effetto, il medico può prescrivere una radiografia al torace, un'ecografia, una TAC (tomografia assiale computerizzata), una risonanza magnetica. Questo tipo di esami è utile anche per determinare quanto la malattia sia diffusa, valutare lo stato di linfonodi e milza, identificare altre possibili cause dei disturbi manifestati.

Biopsia del midollo osseo

Per confermare la diagnosi di leucemia linfatica cronica e verificare la presenza di cellule cancerose, l'ematologo può prescrivere il prelievo di un campione di midollo osseo. Si tratta di una procedura effettuata, di solito, in anestesia locale senza bisogno di ricovero. Si esegue inserendo un ago in un osso piatto (di norma del bacino) e aspirando un frammento di midollo osseo da analizzare al microscopio.

Biopsia del linfonodo

In alcuni casi, la rimozione e il successivo esame di una ghiandola linfatica gonfia (linfonodo) può aiutare a accertare (diagnosticare) la leucemia linfatica cronica. La ghiandola é prelevata con un piccolo intervento effettuato in anestesia locale o generale. Normalmente non è richiesto il ricovero.

Test genetici

I campioni di sangue e di midollo osseo possono anche essere utili per verificare la presenza di geni insoliti nelle cellule tumorali:

  • trisomia del cromosoma 12
  • delezione del braccio lungo (q) del cromosoma 13 e del cromosoma 11
  • delezione del braccio corto (p) del cromosma 17
  • mutazione del gene TP53
  • riarrangiamento dei geni per le catene pesanti delle immunoglobuline, questo test è importante per controllare la malattia minima residua dopo la terapia

Tali analisi aiutano i medici a decidere se, e a che distanza di tempo, sia opportuno iniziare una cura e quale sia la più indicata. Alcune terapie previste per la leucemia linfatica cronica, infatti, non agiscono come dovrebbero nei malati che hanno mutazioni genetiche nelle cellule cancerose.

Terapia

La scelta della cura per la leucemia linfatica cronica dipende in gran parte dalle condizioni del malato al momento della diagnosi.

La leucemia linfatica cronica è una malattia a crescita lenta, pertanto, una volta stabilito lo stadio in cui si trova non è detto che il paziente debba essere subito sottoposto a una terapia. In un primo momento, infatti, specialmente se la malattia è stata scoperta in una fase molto iniziale, potrebbero essere sufficienti solo dei controlli periodici. Se, invece, la malattia è più avanzata, la cura più utilizzata e che più aiuta a mantenerla sotto controllo, anche per diversi anni, è la chemioterapia.

A volte, dopo una apparente scomparsa, a distanza di diversi mesi o qualche anno la malattia riappare e, in questo caso, deve essere nuovamente curata.

Monitoraggio della fase iniziale

Considerata l'assenza di sintomi e il lento progredire della leucemia linfatica cronica, e tenuto conto del fatto che la terapia potrebbe causare effetti indesiderati (effetti collaterali) significativi, una cura nelle fasi iniziali non porterebbe alcun beneficio; visite mediche ed esami del sangue eseguiti regolarmente sono considerati sufficienti fino all'eventuale peggioramento della malattia.

Chemioterapia - Stadio avanzato

Quando la malattia progredisce, in presenza di anemia e/o piastrinopenia, splenomegalia, linfoadenite, aumento progressivo dei linfociti, perdita di peso, febbre, astenia, si inizia la chemioterapia.

I pazienti vengono raggruppati in 3 gruppi basati sulle condizioni fisiche, presenza di altre patologie e aspettative di vita alla diagnosi:

    • pazienti senza altre malattie significative: l'obiettivo è ottenere una remissione completa ed una sopravvivenza prolungata
    • pazienti con altre malattie che influiscono sull'aspettativa di vita: su di loro si effettua una terapia poco tossica, a basso dosaggio, per controllare la malattia senza aggravare lo stato di salute del malato
    • pazienti con altre malattie importanti che, perciò, hanno un'aspettativa di vita ridotta: ricevono solo una terapia di supporto

Esistono diversi farmaci per curare la leucemia linfatica cronica, ma quelli che principalmente sono prescritti alla maggior parte dei malati, in cicli di cura ripetuti ogni 28 giorni, sono:

      • fludarabina, pentostatina e cladribrina, sono degli analoghi delle purine, di solito sono in forma di compresse, si somministrano singolarmente per i primi tre-cinque giorni per vari cicli di trattamento
      • ciclofosfamide, è un agente alchilante, di solito in compresse, si somministra come la fludarabina
      • bendamustina, si colloca tra la categoria degli alchilanti e degli analoghi purinici. Nel caso in cui la terapia con questi farmaci non sia possibile o non sia sufficientemente efficace, è possibile tentare di utilizzare altre sostanze come clorambucile o prednisolone

Inoltre, negli ultimi anni sono entrati a far parte delle cure disponibili per la leucemia linfatica cronica diversi anticorpi monoclonali, cioè farmaci biologici diretti specificatamente e, con molta affinità, sugli antigeni delle cellule tumorali. Vengono usati da soli o in combinazione con la chemioterapia (chemioimmunoterapia):

      • rituximab: è un anticorpo chimerico (umano e murino), diretto contro il CD20, un antigene presente sulla membrana dei linfociti B ed ha sulle cellule leucemiche un'azione citotossica
      • ofatumumab: agisce con maggior tossicità rispetto al rituximab ed è utilizzato in pazienti refrattari alla fludarabina
      • alemtuzumab: è diretto contro l'antigene CD52 e uccide le cellule attraverso vari meccanismi

Trattamento con inibitori delle chinasi

Sono inibitori del recettore delle cellule B (BCR). Questo recettore è cruciale per lo sviluppo delle LLC. Le reazioni a cascata degli eventi innescati dall'attivazione di BCR, inducono la cellula a differenziare, proliferare, morire. Questi eventi sono agevolati da molti enzimi soprattutto di natura tirosin chinasica, come il fosfoinositil3-kappa (PI3K), la tirosin chinasi splenica (SYK), la Bruton tirosin chinasi (BTK) e la fosfolipasi C gamma2.

L'attivazione costante di BCR sembra essere importante nel processo leucemico; sulla base di queste evidenze, si sono sviluppati dei farmaci diretti proprio ad inibire alcune tappe di questa via:

      • ibrutinib: è un inibitore del Bruton tirosin chinasi, viene utilizzato nei pazienti in ricaduta o refrattari. Aumenta l'apoptosi nelle cellule leucemiche e ne inibisce la proliferazione. È un farmaco ben tollerato, a parte un aumento del rischio di sanguinamento delle mucose, e fibrillazione atriale
      • idelelisib: è un inibitore di PI3K, viene utilizzato in pazienti recidivanti o refrattari e in pazienti mai trattati con mutazioni di P53. Induce apoptosi e riduce la sopravvivenza delle cellule leucemiche

Attualmente sono in fase di studio diversi altri farmaci da utilizzare da soli o in combinazione.

Effetti secondari della chemioterapia

In generale la chemioterapia è un trattamento non specifico per le cellule tumorali, ma colpisce preferenzialmente queste ultime perché attacca cellule che si dividono più velocemente. Per questo motivo i farmaci usati per curare la leucemia linfatica cronica possono causare alcuni effetti secondari significativi, tra cui stanchezza persistente, disagio generale, maggiore vulnerabilità alle infezioni, facilità alla formazione di lividi o al sanguinamento, anemia, respiro corto, debolezza, perdita o diradamento dei capelli, palpitazioni, reazioni allergiche. La maggior parte dei quali, in ogni caso, cessa con la sospensione del trattamento. Esistono cure in grado di attenuare gli effetti collaterali della chemioterapia, come l'utilizzo di fattori di crescita, che stimolano le cellule normali e gli antibiotici per prevenire infezioni. 

Trapianto di cellule staminali e di midollo osseo

Il trapianto di midollo osseo o di cellule staminali emopoietiche ha lo scopo di sostituire il midollo osseo originale malato con quello sano e, in questo modo, far sì che la persona malata guarisca completamente o, quanto meno, possa tenere la malattia sotto controllo a lungo. Il trapianto, in genere, è preceduto da alte dosi di chemioterapia e radioterapia, entrambe effettuate allo scopo di eliminare le cellule tumorali e distruggere il midollo osseo. Il trapianto allogenico (cellule trapiantate provenienti da un donatore) induce risposte cliniche prolungate accompagnate, in una parte dei pazienti, ad una negativizzazione della malattia residua, grazie ad un effetto immunomediato. Tuttavia, ci possono essere conseguenze negative dovute alle complicazioni infettive ed alla reazione delle cellule trapiantate contro l'organismo ospite: i globuli bianchi del donatore attaccano e distruggono le cellule del malato. Per prevenire questa complicazione, prima del trapianto si somministrano al paziente farmaci che sopprimono l'attività del sistema immunitario; oppure le cellule staminali donate possono essere trattate in modo da rimuovere i globuli bianchi che causano il disturbo, con una tecnica nota come deplezione delle cellule T.

Questo trattamento, che in effetti è l'unica cura definitiva per la leucemia linfatica cronica, è eseguito raramente, data la sua natura aggressiva. Infatti, la maggior parte delle persone con la leucemia linfatica cronica è anziana e i rischi derivanti dal trapianto stesso potrebbero superare i benefici ottenibili. Nei pazienti di età molto avanzata si preferisce utilizzare il trapianto non mieloablativo (detto anche a intensità ridotta) che viene eseguito senza distruggere completamente il midollo osseo.

Il trapianto di cellule staminali può essere effettuato da solo o insieme a quello di midollo osseo. Le cellule staminali possono essere prelevate dal sangue, o dal midollo osseo, dello stesso malato (trapianto autologo) al quale saranno re-infuse o da un donatore sano compatibile, ad esempio, da un fratello, una sorella, un genitore o da una persona estranea alla famiglia del malato che, però, abbia lo stesso tipo di tessuto del ricevente (trapianto allogenico). In genere, il candidato migliore per la donazione è un fratello o una sorella.

Altre terapie

Quando la chemioterapia non è efficace, o non può essere usata, si può ricorrere ad altre cure, talvolta utilizzate anche per trattare alcune delle complicazioni causate dalla leucemia linfatica cronica:

          • radioterapia, impiegata per ridurre l'ingrossamento di linfonodi o milza, o a fini palliativi, vale a dire per ridurre il dolore nelle persone con una malattia in stadio avanzato che non risponde alle altre terapie, o per la preparazione al trapianto di cellule staminali
          • chirurgia, per rimuovere la milza eccessivamente ingrossata
          • terapia antibiotica, antifungina e antivirale, per ridurre il rischio di infezioni durante le cure
          • trasfusioni di sangue, in caso di anemia grave o di emorragia
          • terapia sostitutiva con immunoglobuline, trasfusione di anticorpi per contrastare l'immunodeficienza e prevenire così le infezioni
          • infusione di fattore stimolante la formazione di colonie di granulociti (G-CSF), per contribuire a incrementare il numero di globuli bianchi

Data l'invasività e l'alta probabilità di causare effetti indesiderati delle terapie per la leucemia linfatica cronica, in alcuni casi le cure sono rifiutate. In effetti, la decisione spetta solo al malato che, una volta informato, potrà consultarsi senza fretta con il medico e le persone care e scegliere se sottoporsi alle cure o avvalersi solo della terapia del dolore, al momento opportuno.

Sperimentazioni cliniche

Studi clinici sperimentali sono sempre in corso con lo scopo di individuare cure più efficaci, cercando terapie personalizzate, basate sulle caratteristiche delle cellule leucemiche e dei tessuti non tumorali che ne permettono la crescita (microambiente tumorale). Il medico responsabile della terapia potrebbe suggerire di prendere parte ad una sperimentazione clinica, sebbene il farmaco impiegato potrebbe non essere ancora in possesso dell'autorizzazione alla commercializzazione da parte delle autorità competenti e, quindi, non essere disponibile al di fuori delle sperimentazioni. In tal caso, è da considerare che non ci sono garanzie circa la maggiore efficacia del trattamento offerto rispetto alle terapie disponibili. Sarà il medico a spiegare i benefici e i rischi della terapia proposta. In genere viene proposto ai pazienti di partecipare ad una terapia sperimentale nei casi in cui le terapie disponibili non sono più efficaci ed in ogni caso quando è possibile un beneficio potenziale dalla terapia sperimentale.

Complicazioni

Tra le possibili complicazioni causate dalla leucemia linfatica cronica:

          • immunodeficienza, consiste nell'indebolimento del sistema di difesa dell'organismo (sistema immunitario). Può esporre a un maggiore rischio di infezioni e può verificarsi sia per la mancanza di globuli bianchi sani, sia a causa dei farmaci utilizzati per la cura della malattia. In presenza di un'immunodeficienza è necessario seguire con attenzione le indicazioni del medico curante, prendere regolarmente le dosi di antibiotico prescritte per prevenire le infezioni batteriche, mantenere una buona igiene dentale e personale, evitare il contatto con persone malate, anche se hanno malattie infettive, come morbillo o varicella, già contratte in precedenza. Inoltre, è importante riferire al proprio medico eventuali disturbi quali febbre alta, mal di testa, dolorabilità muscolare, diarrea e stanchezza, laddove durino nel tempo. Sebbene sia fondamentale continuare a uscire regolarmente, sia per fare esercizio fisico che per il proprio benessere psicologico, è importante evitare luoghi affollati e mezzi pubblici nelle ore di punta. Inoltre, è bene assicurarsi che di aver fatto tutte le vaccinazioni
          • sindrome di Richter, in una persona su 20 con leucemia linfatica cronica la malattia progredisce e diventa molto simile a una forma aggressiva di linfoma non-Hodgkin detta sindrome di Richter o trasformazione di Richter. Si manifesta con un improvviso ingrossamento delle ghiandole linfatiche, febbre, sudorazioni notturne, inspiegabile perdita di peso, dolore addominale
          • anemia emolitica autoimmune, circa una persona su dieci con leucemia linfatica cronica sviluppa una malattia, chiamata anemia emolitica autoimmune, in cui il sistema immunitario attacca e distrugge i globuli rossi causando anemia grave e debolezza (astenia)

Aspetti psicologici della leucemia linfatica cronica

Scoprire di avere la leucemia linfatica cronica può essere molto doloroso emotivamente, tanto più se ancora la malattia non ha causato disturbi e si è consapevoli di dover aspettare anni per conoscerne l'evoluzione e gli effetti. Ciò può causare stress, ansia e depressione. Parlare con un consulente o uno psicologo può aiutare a combattere questi sentimenti e a fronteggiare meglio la situazione aumentando la probabilità di guarigione.

Vivere con

Affrontare la diagnosi

Può essere molto difficile affrontare una diagnosi di leucemia linfatica cronica, sia dal punto di vista pratico che emotivo. Tuttavia, la malattia generalmente ha una progressione molto lenta e può essere curata e mantenuta efficacemente sotto controllo molto a lungo.

Come cambia l'aspetto fisico

Alcuni farmaci utilizzati per la terapia della leucemia linfatica cronica possono causare cambiamenti fisici difficili da accettare e che possono in qualche modo influenzare la percezione di sé e il rapporto con gli altri. Tuttavia, gli effetti più comuni possono essere ridotti con l'aiuto di cure complementari.

Affrontare la leucemia linfatica cronica nella pratica

Così come la diagnosi va affrontata dal punto di vista emotivo, altrettanto si deve lavorare per gestire gli aspetti pratici della vita, dalle questioni economiche a quelle familiari, fino a quelle strettamente personali. A chi si comunica la diagnosi ricevuta? Come si spiega? Non è necessario affrontare e risolvere tutto da soli e tutto in una volta, e un colloquio con il medico o l'infermiere specializzato può essere d’aiuto.

Bibliografia

Cancer Research UK. Living with Chronic Myeloid Leukaemia (CML) (Inglese)

NHS. Chronic lymphocytic leukaemia (Inglese)

Delgado J, Nadeu F, Colomer D, Campo E. Chronic lymphocytic leukemia: from molecular pathogenesis to novel therapeutic strategies. Haematologica 2020;105(9):2205-2217

Prossimo aggiornamento: 14 Dicembre 2022

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