Introduzione

Terapie mirate antitumorali

Le terapie mirate antitumorali prevedono l’uso di farmaci che bloccano la crescita e la diffusione delle cellule tumorali interferendo con molecole coinvolte nella progressione del tumore, chiamate “bersagli molecolari". Per questa ragione le terapie mirate antitumorali sono anche denominate “terapie a bersaglio molecolare”.

Le terapie mirate antitumorali differiscono dalla chemioterapia classica per diversi aspetti:

  • agiscono su bersagli molecolari specifici delle cellule tumorali, mentre la maggior parte delle chemioterapie agisce su tutte le cellule che si riproducono rapidamente, sia normali che cancerose
  • bloccano la proliferazione delle cellule tumorali (citostatiche), mentre i farmaci chemioterapici uccidono le cellule tumorali (citotossici)
  • interagiscono specificamente con il loro bersaglio, mentre molte chemioterapie sono identificate in base alla loro capacità citotossica

Le terapie mirate antitumorali sono attualmente al centro dello sviluppo di molti farmaci antitumorali. Sono una pietra miliare della medicina di precisione, una branca della medicina che utilizza le informazioni sui geni e le proteine della singola persona per prevenire, accertare (diagnosticare) e curare le malattie.

In Italia molte terapie mirate antitumorali sono state approvate per il trattamento di specifici tipi di cancro; altre sono in fase di sperimentazione sull’uomo; altre ancora sono in sperimentazione su animali (fase di sperimentazione che precede quella sull’uomo).

Identificazione dei bersagli per terapie mirate antitumorali

Lo sviluppo di terapie a bersaglio molecolare richiede l'identificazione di obiettivi che svolgano un ruolo chiave nella proliferazione e sopravvivenza delle cellule tumorali. Un approccio per identificare potenziali obiettivi è quello di confrontare le proteine presenti sulle cellule tumorali con quelle presenti sulle cellule normali.

Le proteine presenti oppure modificate o più abbondanti nelle cellule tumorali rispetto alle cellule normali rappresentano potenziali bersagli, specialmente se sono noti per essere coinvolti nella proliferazione o sopravvivenza delle cellule. Un esempio è la proteina del recettore 2 del fattore di crescita epidermico umano (HER-2). HER-2 è presente in elevata quantità sulla superficie di alcune cellule tumorali. Diverse terapie a bersaglio molecolare sono dirette contro HER-2, incluso il trastuzumab, che è approvato per il trattamento di tumori della mammella e dello stomaco in cui HER-2 sia molto rappresentato.

Un altro approccio per identificare potenziali bersagli è determinare se le cellule tumorali producono proteine mutanti (alterate) che guidano la progressione del cancro. Ad esempio, la proteina di segnalazione della crescita cellulare B-RAF è presente in una forma alterata (nota come BRAF V600E) in molti melanomi. Il farmaco vemurafenib prende di mira questa forma mutante della proteina BRAF ed è approvato per la cura di persone con melanoma inoperabile o metastatico che contiene la proteina B-RAF alterata.

Un’altra possibilità è rappresentata dalla eventuale presenza di anomalie nei cromosomi delle cellule tumorali rispetto alle cellule normali. A volte queste anomalie cromosomiche portano alla creazione di un gene di fusione (un gene che incorpora parti di due diversi geni) il cui prodotto, chiamato proteina di fusione, può guidare lo sviluppo del cancro. Tali proteine di fusione sono potenziali bersagli per terapie antitumorali mirate. Ad esempio, l’imatinib mesilato si rivolge alla proteina di fusione BCR-ABL, costituita da pezzi di due geni che si uniscono in alcune cellule leucemiche e ne promuovono la crescita.

Sviluppo delle terapie mirate antitumorali

Una volta identificato un bersaglio molecolare, il passo successivo è sviluppare una terapia che influisca sul bersaglio stesso in modo tale da interferire con la sua capacità di promuovere la proliferazione o la sopravvivenza delle cellule tumorali. Alcune terapie utilizzano piccole molecole o anticorpi. Le piccole molecole sono sviluppate per bersagli che si trovano all'interno della cellula tumorale in quanto sono in grado di entrare nelle cellule facilmente. Gli anticorpi, essendo relativamente grandi, non possono, invece, entrare nelle cellule e sono usati solo per bersagli che si trovano sulla superficie esterna della cellula stessa.

Le piccole molecole vengono identificate esaminando gli effetti di migliaia di composti su una specifica proteina bersaglio e in questo modo è possibile selezionare i composti che influenzano la funzionalità del bersaglio. Tali composti vengono poi modificati chimicamente per produrre numerose varianti strettamente correlate al composto da cui derivano. Ogni variante viene testata per determinare quali siano le più efficaci e con il minor numero di effetti sulle molecole sane.

Gli anticorpi sono sviluppati iniettando negli animali (solitamente topi) le proteine bersaglio purificate, in modo da ottenerne diversi tipi. Successivamente, vengono testati per trovare quelli che si legano meglio al bersaglio senza fissarsi alle cellule normali.

Terapie mirate antitumorali disponibili

Molte terapie mirate sono state approvate nel trattamento del cancro. Esse includono terapie ormonali, inibitori della trasduzione del segnale, modulatori dell'espressione genica, induttori di apoptosi, inibitori dell'angiogenesi, immunoterapie e composti che rilasciano tossine.

Le terapie ormonali rallentano o fermano la crescita dei tumori ormono-sensibili, ossia quelli che necessitano di ormoni per crescere. Agiscono impedendo all’organismo di produrre gli ormoni o interferendo con l'azione degli ormoni stessi. Le terapie ormonali sono state approvate sia per il cancro al seno, sia per il cancro alla prostata.

Gli inibitori della trasduzione del segnale bloccano l’attività di molecole che partecipano al processo mediante il quale una cellula risponde ai segnali provenienti dall’ambiente esterno. In alcuni tumori in cui le cellule maligne si moltiplicano continuamente, possono essere utilizzati gli inibitori della trasduzione del segnale che interferiscono con i processi di replicazione cellulare.

I modulatori dell’espressione genica modificano la funzione delle proteine che svolgono un ruolo nel controllo del funzionamento dei geni.

Gli induttori di apoptosi inducono le cellule tumorali a subire un processo di morte cellulare controllata, chiamato apoptosi, che normalmente il corpo usa per eliminare cellule non necessarie o anormali. Le cellule tumorali hanno strategie per evitare l'apoptosi. Gli induttori dell’apoptosi possono aggirare queste strategie per causare la morte delle cellule tumorali.

Gli inibitori dell'angiogenesi bloccano la crescita di nuovi vasi sanguigni nei tumori (angiogenesi tumorale). L’angiogenesi tumorale ha lo scopo di aumentare l’apporto di sangue per far crescere il tumore oltre una certa dimensione, poiché il sangue fornisce l'ossigeno e le sostanze nutritive di cui i tumori necessitano per crescere continuamente. Trattamenti che interferiscono con l'angiogenesi possono bloccare la crescita del tumore. Alcune terapie mirate che inibiscono l'angiogenesi interferiscono con l'azione del fattore di crescita dell'endotelio vascolare (VEGF), una sostanza che stimola la formazione di nuovi vasi sanguigni.

Le immunoterapie attivano il sistema immunitario per distruggere le cellule tumorali. Alcune immunoterapie utilizzano anticorpi che riconoscono specifiche molecole sulla superficie delle cellule tumorali. Il legame dell'anticorpo con la molecola bersaglio determina la distruzione delle cellule che ne sono portatrici da parte del sistema immunitario, rilasciando molecole tossiche possono causare la morte delle cellule tumorali. Quando l'anticorpo si lega alla cellula tumorale, la molecola tossica che è collegata all'anticorpo, ad esempio una sostanza radioattiva o una sostanza chimica velenosa, viene assorbita dalla cellula, uccidendola. La tossina non influenza le cellule che non hanno il bersaglio per l'anticorpo, vale a dire la stragrande maggioranza delle cellule sane del corpo.

Impiego delle terapie mirate antitumorali

Nella maggior parte dei casi di tumore è possibile ricercare il bersaglio idoneo a essere attaccato da una terapia mirata. La leucemia mieloide cronica è un esempio: gran parte delle persone affette da questa patologia ha il gene di fusione BCR-ABL. Per altri tipi di cancro, invece, il tessuto tumorale della persona deve essere testato per determinare se sia presente, o meno, un bersaglio appropriato. In questi casi, l'uso di una terapia mirata è limitato alle persone con tumori caratterizzati da alterazioni geniche che costituiscono un idoneo bersaglio molecolare.

Limiti delle terapie mirate antitumorali

Le terapie mirate antitumorali hanno alcune limitazioni. Una è costituita dalla resistenza del tumore agli effetti della cura. La resistenza può prodursi in due modi: il bersaglio si modifica in modo che la terapia mirata non interagisca più con esso e/o il tumore trova una nuova via per continuare a crescere aggirando l’azione della terapia.

Per questo motivo, le terapie mirate antitumorali funzionano meglio in combinazione. Ad esempio, uno studio recente ha rilevato che l'uso di due farmaci nel melanoma con mutazione BRAF V600E, rallenta lo sviluppo della resistenza e la progressione della malattia in misura maggiore rispetto all'utilizzo di un solo farmaco.

Un altro approccio consiste nell'utilizzare una terapia a bersaglio molecolare in combinazione con uno o più farmaci chemioterapici tradizionali. Ad esempio, la terapia che utilizza il trastuzumab è stata utilizzata in combinazione con docetaxel, un farmaco chemioterapico tradizionale, per il trattamento di donne con carcinoma mammario metastatico con proteina HER-2.

Un altro limite della terapia mirata è che i farmaci per alcuni bersagli identificati sono difficili da sviluppare a causa della struttura del bersaglio e/o del modo in cui la sua funzione è regolata nella cellula. Un esempio è Ras, una famiglia di proteine coinvolte nella trasmissione di segnali all’interno della cellula, che sono mutate in un quarto di tutti i tumori. Ad oggi, non è stato possibile sviluppare inibitori della segnalazione di Ras. Tuttavia, nuovi approcci farmacologici mostrano risultati preliminari promettenti per il futuro.

Effetti collaterali delle terapie mirate

Nonostante le terapie mirate antitumorali siano state sviluppate con lo scopo di ridurre la tossicità rispetto ai chemioterapici, possono comunque avere effetti indesiderati (effetti collaterali).

Gli effetti indesiderati più comuni sono la diarrea e problemi al fegato, come l'epatite e l’innalzamento degli enzimi epatici. Altri effetti indesiderati osservati includono:

  • problemi della pelle (eruzione simile all’acne, pelle secca, cambiamenti delle unghie, depigmentazione dei capelli)
  • problemi legati alla coagulazione del sangue e alla guarigione delle ferite
  • pressione sanguigna alta
  • perforazione gastrointestinale (raro effetto collaterale di alcune terapie mirate)

Alcuni effetti indesiderati di alcune terapie sono stati collegati a risultati migliori. Ad esempio, nelle persone che sviluppano eruzione acneiforme (eruzioni cutanee che assomigliano all'acne) mentre vengono trattate con gli inibitori della trasduzione del segnale, erlotinib o gefitinib, ambedue rivolti al recettore del fattore di crescita epidermico (EGFR), l’efficacia delle terapie è maggiore rispetto alle persone che non sviluppano l'eruzione cutanea. Allo stesso modo, le persone in cui compare pressione alta mentre sono in trattamento con l'inibitore dell'angiogenesi bevacizumab, hanno generalmente risultati migliori dalle cure.

Le poche terapie mirate approvate per l'uso nei bambini possono causare effetti indesiderati diversi rispetto a quanto avviene negli adulti. Tra questi, l'immunosoppressione e la produzione alterata di spermatozoi.

In quali tumori vengono usate

Per quanto riguarda i tumori più diffusi, le terapie mirate sono già in uso da diversi anni, ma la ricerca ha ampliato notevolmente la gamma di molecole disponibili. Pertanto, l'elenco che segue non è esaustivo ed è da considerarsi solo indicativo di un quadro in continua evoluzione.

Tumore al polmone non a piccole cellule

Le terapie mirate per il tumore al polmone non a piccole cellule appartengono a diverse categorie e sono numerose. Includono quelle che bloccano la proliferazione dei vasi sanguigni (bevacizumab e ramucirumab), gli inibitori della trasduzione del segnale (gefitinib, erlotinib, afatinib, osimertinib, crizotinib, ceritinib, alectinib) e farmaci immunoterapici (nivolumab, pembrolizumab).

Tumore al colon

Alcune tipologie di tumore al colon rispondono alle terapie con inibitori del recettore del fattore di crescita epidermico (EGFR), cetuximab e panitumumab; altre, sono curate con gli inibitori della proliferazione dei vasi sanguigni come il bevacizumab o il regorafenib che include anche un’azione di inibizione della trasduzione del segnale.

Carcinoma renale

Per il tumore del rene vengono usati diversi trattamenti tra cui l’immunoterapia (nivolumab), gli inibitori della proliferazione dei vasi sanguigni (bevacizumab) e i farmaci a bersaglio molecolare di vario tipo (sunitinib, sorafenib, pazopanib, temsirolimus, everolimus).

Tumore al seno

Per il tumore al seno sono disponibili terapie ormonali nel caso di cellule tumorali con recettori per gli ormoni femminili. I meccanismi d’azione della terapia ormonale sono due: impedire alla cellula tumorale di utilizzare gli estrogeni per la crescita (farmaci antiestrogeni come il tamoxifene) o inibire la produzione endogena degli estrogeni (inibitori dell’aromatasi come anastrazolo, letrozolo, exemestane o analoghi dell’LH-RH).

Alcune cellule tumorali che hanno recettori per il fattore di crescita HER-2 rispondono alla terapia con anticorpi diretti contro questa molecola, il trastuzumab e il pertuzumab,.

Melanoma

Nelle forme di melanoma avanzato, con mutazioni specifiche in alcune molecole implicate nella trasduzione del segnale, si possono utilizzare alcuni farmaci inibitori come vemurafenib, dabrafenib, trametinib, cobimetinib o altri. In altri casi, le persone rispondono bene all'immunoterapia (ipilimumab, nivolumb, pembrolizumab).

Leucemie e altri tumori del sangue

In alcune forme di leucemia caratterizzate da una specifica anomalia cromosomica (cromosoma Philadelphia) si utilizzano farmaci a bersaglio molecolare quali imatinib e altri della stessa classe (inibitori della trasduzione del segnale). In alcuni tipi di mieloma multiplo si utilizza il bortezomib, un farmaco che induce la morte programmata delle cellule e altri farmaci della stessa classe (denominati inibitori del proteasoma).

Bibliografia

Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA). Banca dati farmaci 

Prossimo aggiornamento: 02 Settembre 2023

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