Introduzione

Intossicazione da funghi

I funghi sono un alimento comunemente consumato in molti Paesi, nonostante la difficile digeribilità e la possibilità, per persone inesperte, di mangiare funghi tossici.

I funghi possono determinare reazioni da ipersensibilità, avvelenamento dovuto a cibo contaminato da tossine fungine (micotossicosi) e avvelenamento da ingestione diretta di funghi tossici (micetismo). Possono anche verificarsi fenomeni di intolleranza o tossicità dovuti al trasporto o alla cottura inadeguati, a cattiva conservazione, al consumo di quantità eccessive.

Nel mondo sono state classificate circa 5000 specie fungine e si stima che almeno 2000 crescano in Europa. Meno di 100 sono state riconosciute come velenose per l’uomo e 35 tra queste contengono amatossine, alcune tra le molecole fungine più tossiche, responsabili di oltre il 90% delle intossicazioni mortali.

Le intossicazioni da funghi sono circa 5 casi su 100.000 abitanti l’anno nel Nord Italia, con una frequenza più alta nei mesi autunnali.

A parte il consumo volontario di funghi con proprietà allucinogene (in grado di causare allucinazioni), l’ingestione di funghi tossici è prevalentemente accidentale e può determinare la comparsa di diversi sintomi, a seconda del tipo di tossina contenuta.

Come già accennato, anche alcune specie commestibili, se conservate (in buste di plastica o a temperature superiori a 4°C per più di 4 giorni) o cucinate scorrettamente (alcuni funghi, prima di essere cucinati devono essere bolliti per 15-20 minuti per eliminare le tossine che contengono), possono risultare tossiche. Il consumo inappropriato (quantità eccessive, funghi mal conservati o con residui di tossine dovuti a un trattamento termico troppo breve o a basse temperature) risulta, infatti, una delle cause più frequenti di intossicazione da funghi in Italia.

La maggior parte dei casi si verifica tra fine agosto ed ottobre, mesi nei quali le condizioni climatiche favoriscono la crescita dei funghi.

Sintomi

I sintomi causati dal consumo di funghi tossici possono manifestarsi dopo un lungo lasso tempo dall’ingestione, e in questo caso sono denominati Sindromi a lunga latenza, o dopo breve tempo e in tale caso sono definiti Sindromi a breve latenza.

Sindromi a lunga latenza (da 6 ore a 20 giorni dal consumo di funghi tossici)

Sono le sindromi più gravi, in quanto includono le intossicazioni da Amanita phalloides, A. verna, A. virosa (sindrome falloidea), da Cortinarius orellanus, C. speciosissimus (sindrome orellanica) e altre.

  • sindrome falloidea, causata dai funghi Amanita phalloides, A. verna, A. virosa, è la più pericolosa ed è responsabile della maggior parte delle intossicazioni mortali. La comparsa dei sintomi avviene tra le 6 e le 24 ore dopo aver mangiato i funghi. In una prima fase compaiono disturbi gastrointestinali (nausea, vomito composto dapprima dal cibo ingerito e poi da bile, intensa diarrea liquida), disidratazione con conseguente abbassamento della pressione arteriosa (ipotensione), sete intensa, dolori addominali; dalle 12 alle 36 ore dopo, si verifica un apparente miglioramento durante il quale, tuttavia, avviene un progressivo danneggiamento del fegato e dei reni che determina la 3° fase, caratterizzata da insufficienza epatica acuta, colorazione gialla della pelle e delle mucose (ittero), problemi di coagulazione del sangue, insufficienza renale, assopimento, coma e possibile morte. Nei casi più gravi può essere necessario il trapianto di fegato in seguito ai danni irreversibili causati dalle tossine
  • sindrome orellanica, determinata dall’ingestione dei funghi Cortinarius orellanus, C. speciosissimus e altre specie affini. Si presenta con una prima fase caratterizzata da disturbi gastrointestinali, dolori addominali e disidratazione che compare in 4-9 ore. La seconda fase, che può manifestarsi da 4 giorni fino a oltre 20 giorni dall’ingestione dei funghi, provoca insufficienza renale, nausea, vomito. Il danno renale, a sua volta, determina iperazotemia, uremia, coma e possibile morte. I danni renali possono essere permanenti e richiedere la dialisi o il trapianto di rene
  • sindrome giromitrica, provocata dal fungo Gyromitra esculenta e da altre specie appartenenti allo stesso genere. La comparsa dei sintomi si verifica da 5 a 24 ore e oltre dall’ingestione. Disturbi gastrointestinali, mal di testa (cefalea), disidratazione, dispnea caratterizzano la prima fase; successivamente, compaiono i danni al fegato e ai reni, l’ittero e l’insufficienza epatica. Possono verificarsi anche rottura della membrana dei globuli rossi e loro dissoluzione (emolisi), disturbi neuropsichici (irrequietezza, agitazione psicomotoria, delirio), disturbi visivi, arresto cardiaco e morte
  • la sindrome paxillica, provocata dai funghi Paxillus involutus, Paxillus rubicundulus. Il tempo che trascorre tra il loro consumo e la comparsa dei disturbi varia da 1 a 9 ore. All’inizio si manifestano disturbi gastrointestinali seguiti, in caso di ingestioni successive, da crisi emolitica, ittero, sangue nelle urine (emoglobinuria), volume ridotto di urine (oliguria), grave anemia, shock e possibile morte

Sindromi a breve latenza (da 15 minuti a 48 ore dal consumo di funghi tossici)

Le sindromi a breve latenza sono, in genere, meno pericolose e non mortali. Includono:

  • sindrome muscarinica, causata da diverse specie di funghi del genere Clitocybe e Inocybe. I sintomi compaiono da 15-30 minuti a 4 ore circa dall’ingestione dei funghi. Comprendono disturbi gastrointestinali, sudorazione profusa con ipersecrezione di liquidi da naso, bocca e bronchi, disidratazione, tremori, brividi, restringimento della pupilla e rallentamento del ritmo cardiaco, abbassamento della pressione arteriosa (ipotensione). Talvolta, può verificarsi un collasso cardio-circolatorio
  • sindrome panterinica, determinata principalmente da funghi Amanita pantherina e A. muscaria. Comprende disturbi neuropsichici, perdita della coordinazione, convulsioni e si manifesta da 15 minuti a 4 ore dall’ingestione dei funghi
  • sindrome psicotropa o allucinogena, causata da Pluteus salicinus, Inocybe aeruginascens, numerose specie dei generi Panaeolus e Psilocybe, Gymnopilus spectabilis, Mycena pura. Compare da 15 minuti a 2 ore circa dopo l’ingestione dei funghi. È caratterizzata da disturbi gastrointestinali che si accompagnano a disturbi neurovegetativi e neuropsichici comprendenti deliri e allucinazioni
  • sindrome coprinica, si verifica dalle 2 alle 48 ore dopo il consumo di Coprinus atramentarius e specie affini, Clitocybe clavipes, Boletus luridus e Coprinus micaceus, in genere in concomitanza con l’assunzione di alcolici. I disturbi che si verificano comprendono la comparsa di bollicine e arrossamenti sulla pelle (eritemi), l’aumento dei battiti del cuore (tachicardia), l’abbassamento della pressione arteriosa (ipotensione), le vertigini, la stanchezza, la sudorazione e lo stordimento
  • sindrome gastroenterica, causata da numerose specie di funghi. Provoca da lievi disturbi gastrointestinali a disturbi gravi che interessano anche fegato e reni, tanto da poter essere confusa con la sindrome falloidea. Di solito la guarigione è completa
  • sindrome nefrotossica, causata da Amanite del sottogenere Lepidella, si presenta dopo 4-10 ore dall’ingestione dei funghi ed è caratterizzata da disturbi gastrointestinali, sudorazione, riduzione progressiva della funzione renale; parallelamente, si osserva una lieve insufficienza del fegato, che si risolve rapidamente, mentre la funzione renale è ripristinata più lentamente, in 7-10 giorni

L’ingestione di quantità eccessive del fungo Tricholoma equestre, considerato a lungo commestibile, può determinare la comparsa di gravi danni alle fibre muscolari (rabdomiolisi). I disturbi associati comprendono profusa sudorazione, dolori muscolari, stanchezza e facile affaticabilità, emissione di urine scure. Talvolta può verificarsi un danno renale che può portare all’insufficienza.

Cause

La pericolosità dei funghi è determinata dalla presenza di tossine, molecole di natura proteica che possono causare la comparsa di disturbi e danni a carico di numerosi organi e apparati del corpo umano.

Le tossine possono essere suddivise in due grandi categorie:

  • tossine termolabili (eliminabili)
  • tossine termostabili (ineliminabili)

Le prime sono eliminabili col calore (termolabili) purché raggiunga una temperatura di 70 °C circa per almeno 15 minuti. Si tratta di molecole la cui tossicità è molto variabile e quindi anche la gravità dei disturbi che causano. La loro pericolosità, però, è relativa essendo sufficiente una cottura completa (minimo 15 minuti) per scongiurare rischi.

Ben più pericolosi sono i principi tossici della seconda categoria di tossine, quelle termostabili; qualsiasi intervento sul fungo, come la bollitura, l’essiccamento o altri trattamenti, non modifica le loro caratteristiche di tossicità. Anche in questo caso il livello di tossicità varia e può causare da disturbi lievi ad avvelenamenti gravi o mortali.

La gravità di molte sindromi dipende dalla quantità di funghi mangiata ma, in molti casi, i principi tossici sono così nocivi che anche pochi grammi di fungo possono produrre conseguenze gravi.

Tra le tossine termostabili spiccano le amatossine, presenti, tra gli altri, in uno dei funghi più velenoso per l’uomo, l’Amanita phalloides, le amatossine non si disattivano con il calore e sono resistenti alla degradazione acida ed enzimatica che avviene nello stomaco. Le amatossine determinano danni al fegato che portano fino all’insufficienza dell’organo e alla tossicità renale. Di conseguenza, possono causare un’insufficienza cosiddetta multi-organo e disturbi neurologici, fino ad arrivare alla morte.

Diagnosi

La diagnosi di una intossicazione da funghi si basa sul racconto dei funghi mangiati nelle ore o nei giorni precedenti. L’analisi e l’identificazione della specie di fungo consumato aiutano notevolmente la diagnosi e la conseguente cura (terapia).

La capacità, da parte della persona intossicata, di descrivere dettagliatamente il fungo mangiato, quindi, è preziosa per identificarne la specie così come lo è il recupero di qualsiasi residuo di fungo, sia esso crudo, cotto o emesso con il vomito. L’identificazione con certezza della/e specie in questione permetterà di intraprendere la cura più adatta.

Anche i sintomi, che variano sia nel tempo sia nel tipo a seconda del fungo mangiato, possono aiutare a identificare la specie di fungo che ne è responsabile. Infine, gli esami di laboratorio possono dare un ulteriore indizio sull’intossicazione e sulla sua natura. Ad esempio, la metaemoglobinemia (una condizione in cui l’emoglobina contenuta nei globuli rossi perde la sua capacità di legare l’ossigeno e trasportarlo a tutto il corpo) può comparire dopo l’ingestione dei funghi del genere Gyromitra (ad es. G. esculenta) ed è rilevabile attraverso esami del sangue, oltre che grazie alla caratteristica cianosi.

La rabdomiolisi, che consiste in un diffuso danno alle cellule muscolari, è causata, invece, da numerosi funghi (come la Russula subnigricans, il Leccinium versipelle e il Tricholoma equestre, soprattutto se assunto in grandi quantità) ed è identificabile attraverso la ricerca nel sangue dei livelli della creatinchinasi, un enzima che, se è presente la rabdomiolisi, può raggiungere anche una quantità pari a 100.000 Unità/Litro, in luogo dei normali valori compresi tra 0 e 150 U/L. Inoltre, caratteristici della rabdomiolisi sono i dolori muscolari riferiti dalla persona colpita.
Da notare che molti dei funghi che possono causare la rabdomiolisi sono spesso considerati commestibili da alcuni manuali di micologia.

Nel caso di danno al fegato, ad esempio causato da avvelenamento da Amanita phalloides, a distanza di una trentina d’ore dall’ingestione del fungo compare un aumento nel sangue delle transaminasi, indicatori del malfunzionamento del fegato.

Nel caso di grave distruzione dei globuli rossi (emolisi), evento che può avvenire a causa di un avvelenamento da funghi del genere Paxillus, oltre al pallore e alla colorazione gialla della pelle e delle mucose (ittero), si possono verificare anche un aumento della latticodeidrogenasi (LDH) e la presenza di emoglobina nelle urine (emoglobinuria).

L’avvelenamento da amatossine, le tossine fungine che più di frequente causano la morte, può essere accertato (diagnosticato) attraverso il test denominato ELISA che consente di verificare la presenza delle tossine nelle urine.

L’accertamento del tipo di avvelenamento nel più breve tempo possibile è decisivo per iniziare una cura il più possibile efficace. Purtroppo, in molti casi l’identificazione risulta incerta o impossibile.

Terapia

In assenza di un’identificazione definitiva del fungo consumato, tutti i casi di intossicazione devono essere considerati gravi e possibilmente mortali e trattati come tali, iniziando il prima possibile le cure adeguate.

Non è opportuno tentare di curarsi da soli con metodi tradizionali; ad esempio, il latte non è un antidoto all’intossicazione da funghi.

Al di là della quantità e tipologia di tossina ingerita, le forme più pericolose sono quelle che determinano la comparsa di disturbi molto dopo aver mangiato i funghi (sindromi a lunga latenza). La manifestazione ritardata dei disturbi, infatti, fa sì che le cure siano intraprese quando ormai i funghi, e i principi tossici in essi contenuti, sono stati in buona misura già assimilati; la comparsa dei disturbi dopo poco tempo dal consumo del fungo, invece, rende possibile rimuovere il cibo ingerito e iniziare subito le cure. È perciò opportuno, in caso di comparsa di fastidi sospetti dopo aver mangiato funghi, rivolgersi al più presto al centro antiveleni o al pronto soccorso più vicino.

La decontaminazione intestinale, inclusa la lavanda gastrica, è spesso necessaria nel caso di intossicazione da amatossine, ma diventa poco utile se è passata più di un’ora dal pasto. Tuttavia, la somministrazione di carbone attivo può giocare un ruolo importante nel limitare l’assorbimento di molte tossine, ed è indicato nelle persone con potenziale avvelenamento da amatossine, indipendentemente dal tempo trascorso dall’ingestione. Infatti, approssimativamente il 60% dell’alfa-amanitina, una delle amatossine più pericolose, è escreta nella bile e viene riassorbita a livello intestinale per poi tornare al fegato senza essere eliminata definitivamente. Per questo alcuni raccomandano somministrazioni multiple di carbone attivo (20-40 grammi ogni 3-4 ore circa, per 24 ore) in combinazione con l’aspirazione del contenuto duodenale. Il vomito stesso può aiutare la decontaminazione del tratto gastroenterico. Per questo, seppur da un lato rende meno efficace la somministrazione di carbone attivo, dall’altro non deve essere ostacolato prendendo farmaci anti-vomito (antiemetici) poiché bloccarlo potrebbe limitare l'eliminazione spontanea delle tossine ancora nello stomaco.

Una volta accertata (diagnosticata) l’intossicazione da fungo, la cura è principalmente di supporto. È di fondamentale importanza, nelle intossicazioni che colpiscono i reni e il fegato, l’infusione di liquidi per via endovenosa nel più breve tempo possibile. Se si interviene in tempo, si riduce enormemente il rischio di urgente trapianto di fegato.

Una volta che la tossina è stata assorbita a livello intestinale, si può tentare di neutralizzarla nei seguenti modi: inibizione dell’assorbimento dei tessuti, inibizione delle vie metaboliche responsabili della sua attivazione e, dunque, della tossicità e intensificazione dell’eliminazione della tossina.

La terapia specifica dipende dal tipo di tossina che si presume sia stata ingerita. Tra gli antidoti alle amatossine, la silibinina e l’N-acetil-cisteina (NAC) sono tra i più utilizzati. Anche la somministrazione di antibiotici come Penicillina G e la Polimixina B può essere utile, perché possono ridurre l’assorbimento della tossina a livello cellulare. La rabdomiolisi, di solito, viene trattata con l’infusione di grandi quantità di liquidi e/o di sodio bicarbonato per alcalinizzare le urine.

Nei rari casi in cui si determini un’insufficienza renale si rende necessaria la dialisi. Anche la distruzione dei globuli rossi (emolisi), spesso lieve, necessita di infusione di grandi quantità di liquidi per scongiurare complicazioni renali. Solo raramente sono necessarie trasfusioni. La metaemoglobinemia si può trattare mediante infusione di un colorante, il blu di metilene, mentre molte sindromi neurotrope e psicotrope trovano giovamento dalla somministrazione di benzodiazepine. Infine, le sindromi muscariniche gravi possono essere trattate mediante infusione di piccole dosi di atropina.

Per le forme di intossicazione che danno disturbi intestinali come intensa diarrea e vomito, è importante evitare la disidratazione eccessiva con la somministrazione di fluidi, soprattutto negli anziani e nei bambini.

Prevenzione

I funghi raccolti vanno riposti in contenitori rigidi e areati (come i cesti di vimini), evitando contenitori chiusi (come i sacchetti di plastica) che ne accelerano la decomposizione, favorendo lo sviluppo di sostanze tossiche.

Per evitare rischi ci si può rivolgere all’Ispettorato Micologico della propria A.S.L. di zona, dove un esperto fornirà informazioni sia sulla commestibilità, sia sul tipo di preparazione necessaria per ogni specie di fungo esaminata. Sul sito web del Ministero della Salute è consultabile il Registro Nazionale dei micologi istituito dal Decreto Ministeriale 26 novembre 2003.

È fondamentale ricordare che devono essere consumati solo funghi sottoposti a controllo sanitario e per i quali non esista il minimo sospetto. Nei casi dubbi, è opportuno evitarne il consumo, senza affidarsi a metodi empirici o a credenze popolari (ad esempio, annerimento con l’aglio o con monete d’argento, etc.).

Se compaiono disturbi dopo aver mangiato funghi non controllati, è necessario rivolgersi con urgenza ad un Centro Antiveleni o al Pronto soccorso più vicino.

Riguardo alla raccolta e alla commercializzazione dei funghi freschi e conservati, la normativa fa riferimento alla Legge n. 352/93 e al D.P.R. n. 376/95 che elenca le specie di funghi freschi spontanei e coltivati commercializzabili e le specie di funghi che possono essere conservati sott’olio, sott’aceto, in salamoia, congelati, surgelati o altrimenti preparati.

Infatti, anche funghi commestibili possono arrecare danni alla salute se non sono rispettati alcuni accorgimenti. I funghi freschi, congelati o essiccati, tranne rare eccezioni, devono essere consumati previa adeguata cottura; i funghi che crescono in prossimità di siti inquinati, discariche, strade trafficate, coltivazioni nei periodi di trattamento con prodotti chimici, non devono essere consumati.

È opportuno, inoltre, consumare funghi in quantità moderate e in perfetto stato di conservazione. Tra gli accorgimenti da tenere, pulirli accuratamente eliminando terriccio e residui di foglie, e sbollentarli prima del congelamento.
Non è indicato mangiarli in gravidanza.

Complicazioni

Numerose sono le complicazioni che possono verificarsi in seguito al consumo di funghi tossici. Danni al fegato, fino alla necessità di trapianto, possono seguire al consumo dei funghi Amanita phalloides, A. verna, A. virosa e Gyromitra esculenta. Complicazioni a livello renale si possono verificare anche in caso di consumo di Cortinarius orellanus, C. speciosissimus e al consumo eccessivo di Tricholoma equestre. Le compromissioni di questi organi possono determinare insufficienza epatica con conseguente encefalopatia e coagulopatia edinsufficienza renale. Nella sindrome paxillica conseguente al consumo di funghi Paxillus involutus, Paxillus rubicundulus si viene a determinare una grave emolisi a cui può seguire la comparsa di collasso cardiocircolatorio. Specie nelle sindromi a lunga incubazione la condizione clinica può peggiorare fino alla comparsa coma e morte. Tuttavia, pur se meno frequentemente, anche le tossine a breve latenza possono portare a morte, specie in soggetti fragili.

Vivere con

Il danno renale che consegue ad ingestione di tossine fungine può compromettere la funzionalità renale fino all’insufficienza renale cronica, con necessità di trattamento emodialitico. Anche il fegato può risultare compromesso fino a necessitare di trapianto.

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Prossimo aggiornamento: 22 Maggio 2027

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