Introduzione

Amebiasi

L'amebiasi è una malattia infettiva causata dal protozoo Entamoeba histolytica (E. histolytica). Appartiene al genere Entamoeba di cui si conoscono altre 3 specie (E. dispar, E. moshkovskii e E. bangladeshi), molto simili a E. histolytica, quando si osservano al microscopio, ma che non causano disturbi (asintomatiche).

E. histolytica vive normalmente nel canale (lume) intestinale dove è tenuta sotto controllo dal sistema immunitario (sistema di difesa dell'organismo) ma, a volte, per ragioni sconosciute, il microrganismo può diventare un invasore, moltiplicandosi rapidamente e dando luogo ad un'infezione intestinale. I disturbi (sintomi), che si manifestano nel giro di 2-4 settimane dall'infezione, variano da semplici dolori e crampi addominali a forti dolori simili all'appendicite. L'infezione tuttavia può degenerare provocando ulcere del colon con rilascio di muco e sangue (dissenteria amebica). Occasionalmente il protozoo può uscire dall'intestino ed infettare altri organi, in particolare il fegato, dove provoca il cosiddetto ascesso (raccolta di pus) amebico, che è la più frequente manifestazione dell'infezione al di fuori dell'intestino. Raramente, e soprattutto in persone col sistema immunitario indebolito (immunocompromesse) o con altre malattie, l'ameba può infettare i polmoni o il sistema nervoso centrale.

L'infezione si trasmette per via oro-fecale, ossia attraverso il contatto diretto con le feci o con acqua e superfici contaminate, o attraverso l'ingestione di cibi contaminati, soprattutto frutta e verdure. Può colpire chiunque, anche se è più frequente nelle persone che vivono in cattive condizioni igienico-sanitarie nelle aree tropicali.

La maggior parte delle infezioni da Entamoeba histolytica non causa disturbi (sintomi), soltanto il 10-20% circa delle persone infettate ha disturbi (sintomi).

L'amebiasi rappresenta un problema sanitario in tutto il mondo essendo un'importante causa di diarrea grave e, nei Paesi in via di sviluppo in cui l'infezione è sempre presente (endemica), è tra le prime 15 cause di diarrea nei bambini al di sotto dei due anni di età. Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) l'amebiasi causa oltre 50.000 morti ogni anno ed è la terza causa di malattie intestinali per i viaggiatori dopo la giardiasi e la campilobatteriosi.

L'accertamento (diagnosi) può essere complicato per la presenza di altre specie del parassita molto simili a E. histolytica all'osservazione al microscopio.

La cura consiste in farmaci antiparassitari di diversa natura a seconda della gravità della malattia. Non esiste attualmente un vaccino per proteggersi dall'infezione. Come per tutte le malattie a trasmissione oro-fecale, è fondamentale il rispetto scrupoloso delle norme igieniche (lavarsi le mani spesso, cuocere i cibi, bere acqua in bottiglia).

Sintomi

Il periodo di incubazione dell'infezione da Entamoeba histolytica può variare da pochi giorni ad alcuni mesi o anni ma, solitamente, i disturbi (sintomi) si manifestano nel giro di 2-4 settimane dall'infezione. Questi variano da dolori e crampi addominali a disturbi più gravi simili all'appendicite, fino ad arrivare a ulcerazioni del colon con muco e sangue nelle feci (dissenteria amebica). Nella fase acuta si ha l'emissione di feci semiliquide 1-2 volte al giorno, che possono poi portare a diarrea con muco, spasmo dello sfintere anale (tenesmo) e dolore addominale intenso. Dopo 2 o 3 settimane si ha un miglioramento delle condizioni a cui può seguire la guarigione completa o una ricaduta dei disturbi (sintomi). In questo caso l'infezione diventa cronica, con periodi in cui si alternano diarrea e stipsi ostinata e peggioramento delle condizioni di salute generali, con carenza di ferro (anemia), disidratazione, febbre, raramente elevata, e spossatezza (astenia).

In generale il quadro clinico, ovvero l'insieme delle manifestazioni, segni e disturbi con i quali la malattia si presenta può essere di gravità variabile:

  • infezione non invasiva (o commensale), il microrganismo resta confinato nel canale intestinale. L'individuo infetto non ha disturbi, se non in particolari circostanze, quali la presenza contemporanea di altre malattie o l'immunodepressione (indebolimento del sistema immunitario). È però un “portatore sano”, in altre parole elimina il parassita con le feci e può trasmettere l'infezione ad altri individui
  • amebiasi intestinale, i microrganismi invadono la mucosa intestinale provocando una forte infiammazione con danni più o meno gravi (colite amebica) fino alla dissenteria amebica, caratterizzata da ulcerazioni intestinali, diarrea grave, anche sanguinolenta, e forti dolori addominali. A volte si hanno infezioni contemporanee con altri microrganismi (Shigella, Escherichia Coli, Enterococco) che peggiorano la malattia
  • amebiasi extra-intestinale, i microrganismi dalla mucosa intestinale, attraverso il flusso sanguigno, invadono organi lontani, principalmente il fegato, ma più raramente anche i polmoni o il cervello, causando disturbi gravi

Nel fegato l'infezione può dar luogo alla cosiddetta “epatite amebica” o “ascesso (raccolta di pus) amebico”, con ingrossamento doloroso del fegato e febbre elevata, pallore e talvolta colorito giallastro (ittero). A questo si associa un aumento di alcune cellule del sangue, i granulociti neutrofili, e dei parametri infiammatori (ad esempio la VES) nel sangue (vedi Analisi cliniche - Emocromo). L'ascesso al fegato, così come l'amebiasi intestinale, possono portare a morte se non trattati. Dal fegato, l'infezione può propagarsi, attraverso il diaframma (muscolo che separa il torace dall'addome), ai polmoni e alla pleura (membrana che li avvolge), formando l'ascesso pleuro-polmonare, con febbre elevata, dolore toracico e tosse. Più raramente possono essere colpiti dall'infezione organi come milza, reni e cervello. Tra i disturbi più raramente osservati, sono stati descritti pericarditi (infezione/infiammazione del cuore), peritoniti (infezione/infiammazione addominale generalizzata) causate dalla rottura degli ascessi al fegato, e lesioni della pelle molto dolorose.

Le persone infettate da E. histolytica sono contagiose (possono trasmettere l'infezione) per lunghi periodi, in alcuni casi anche anni, perché il parassita rimane nell'intestino e continua ad essere eliminato nelle feci. Il rischio di diffondere l'infezione si riduce se la persona infettata è trattata con farmaci antiparassitari e pratica una buona igiene personale.

Cause

L'amebiasi è provocata da un protozoo parassita (che vive a spese dell'individuo ospite), l'Entamoeba histolytica (E. histolytica). Il suo nome, histolytica, deriva dal greco e significa “distruttore di tessuti”. Appartiene al genere Entamoeba, di cui si conoscono altre 3 specie (E. dispar, E. moshkovskii e E. bangladeshi) indistinguibili da E. histolytica quando si osservano al microscopio. Esse però causano infezioni che non provocano disturbi (asintomatiche).

E. histolytica provoca un'infezione a livello intestinale che si trasmette per via oro-fecale, ossia attraverso l'ingestione dei microrganismi presenti negli alimenti (soprattutto frutta e verdure), nell'acqua o sulle mani contaminate da feci. L'infezione si può trasmettere anche durante i rapporti sessuali per esposizione a materiale fecale.

Il ciclo vitale del protozoo comprende due stadi:

  • cisti, rilasciate con le feci dall'individuo infettato possono sopravvivere nell'ambiente esterno per giorni o addirittura settimane grazie alla presenza di una parete protettiva. Possono contaminare l'ambiente, le acque, gli alimenti e, se ingerite, possono infettare altre persone
  • trofozoiti, rilasciati nel tessuto intestinale al momento dell'apertura delle cisti, sono i veri responsabili dell'infezione e dei disturbi (sintomi) che causa; possono formare ulcere intestinali e propagarsi ad altri organi

Generalmente, le forme più lievi di malattia, confinate all'intestino, possono essere dovute sia a E. histolytica che ad altre specie non patogene di Entamoeba come E. dispar, mentre soltanto l'infezione da E. histolytica è in grado di propagarsi al di fuori dell'intestino.

Diagnosi

L'accertamento (diagnosi) dell'amebiasi intestinale è importante per controllare la diffusione del protozoo patogeno (E. histolytica) e per evitare inutili trattamenti nel caso vi siano specie innocue. Attualmente l'accertamento si basa sui disturbi presenti (sintomi clinici) e sugli esami di laboratorio.

Nei Paesi in via di sviluppo, la diagnosi è fatta cercando al microscopio le caratteristiche “cisti” del parassita nei campioni di feci. Sebbene sia considerato lo standard di riferimento, questo metodo non permette di distinguere E. histolytica dalle altre specie innocue che risiedono nell'intestino. Inoltre, alcuni fattori, quali l'abbondanza delle cisti nel campione di feci, o il modo in cui le feci vengono conservate, possono influenzare il risultato dell'analisi.

Nei casi gravi, con l'infezione di organi extra-intestinali (fegato, cervello) vengono raccolti frammenti di tessuto (biopsie) per la ricerca del microrganismo al microscopio.

Gli esami che riconoscono proteine specifiche (antigeni) di Entamoeba nelle feci, permettono anche di distinguere E. histolytica dalle altre specie innocue, ma non vengono spesso utilizzati nella pratica clinica essendo molto costosi. Al contrario, la tecnica molecolare “Polimerase Chain Reaction” (PCR), che permette di analizzare il DNA del parassita nelle feci, rappresenta il metodo migliore non solo per rilevare l'infezione ma anche per distinguere le forme di Entamoeba pericolose da quelle innocue. Tuttavia, il suo utilizzo richiede attrezzature specializzate e non è sempre possibile nei Paesi in via di sviluppo.

L'esame radiologico (radiografia) può aiutare nell'accertamento dell'amebiasi intestinale del colon e nei casi gravi di infezione extra-intestinale, quando sono coinvolti fegato e polmoni.

Terapia

Per la cura dell'amebiasi vengono utilizzati diversi farmaci antiparassitari a seconda della gravità della malattia, da prendere sempre su prescrizione e sotto controllo medico. Per gli individui con disturbi (sintomi) causati dall'infezione intestinale e/o extra-intestinale vengono usati il metronidazolo e il tinidazolo. Questi farmaci però possono provocare effetti collaterali, quali nausea, gastrite, diarrea e riduzione dei leucociti (vedi Analisi cliniche - Emocromo), e possono indurre resistenza (perdita dell'efficacia del farmaco) nei parassiti. Sono inoltre controindicati in gravidanza e durante l'allattamento.

Nelle forme gravi di amebiasi intestinale, in associazione al metronidazolo, possono essere impiegati antibiotici come tetraciclina o paramomicina. Nei casi gravi possono essere necessari altri trattamenti quali la reidratazione del malato con flebo, le trasfusioni di sangue, se è presente anemia grave, l'uso di antispastici per combattere i dolori e di cardiotonici per sostenere la circolazione sanguigna.

L'evoluzione (decorso) della malattia è diversa a seconda delle condizioni di salute del malato, dei disturbi presenti (quadro clinico), della presenza di eventuali complicazioni e della rapidità con cui si iniziano le cure. Nei casi di amebiasi extra-intestinale e di ascessi amebici può essere indicato un intervento chirurgico per rimuoverli.

Prevenzione

Nonostante siano in corso studi per la messa a punto di un vaccino protettivo, attualmente non è possibile prevenire l'infezione da E. Histolytica. Come per tutte le malattie a trasmissione oro-fecale, per ridurre il rischio di contagio è fondamentale, a livello individuale, il rispetto scrupoloso delle norme igieniche elementari, che includono un accurato lavaggio delle mani con acqua e sapone dopo aver usato il bagno, dopo aver cambiato i pannolini e prima di maneggiare o preparare il cibo.

A livello collettivo, la prevenzione si realizza attraverso il corretto smaltimento dei rifiuti solidi e liquidi, la disponibilità di acqua e di alimenti sicuri e controllati. Le persone che visitano paesi in cui la malattia è presente, per ridurre il rischio di infezione (da E. Histolytica e da tutti i microrganismi che si trasmettono per via oro-fecale) devono bere acqua o bibite imbottigliate, mangiare cibi cotti, evitare frutta e verdura fresche, ghiaccio nelle bibite, latte, formaggi e latticini non pastorizzati.

Bibliografia

Carrero JC, Reyes-López M, Serrano-Luna J, Shibayama M, Unzueta J, León-Sicairos N, de la Garza M. Intestinal amoebiasis: 160 years of its first detection and still remains as a health problem in developing countries. International Journal of Medical Microbiology. 2020; 310(1):151358

Nagaraja S, Ankri S. Target identification and intervention strategies against amebiasis. [Sintesi] Drug Resistance Updates. 2019; 44:1-14

Prossimo aggiornamento: 24 Dicembre 2023

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