Introduzione

Preeclampsia o gestosi

La preeclampsia, più comunemente conosciuta con il termine gestosi, è una complicanza propria della gravidanza e potenzialmente pericolosa sia per la salute della mamma che del suo bambino. In Europa interessa circa il 2-5 % delle gravidanze; tuttavia, l'aumento dell’età delle mamme alla loro prima gravidanza, dell’obesità e la maggiore frequenza di gravidanze con malattie croniche quali il diabete, registrati negli ultimi anni, potrebbe determinare un incremento della sua frequenza.

Segni tipici della preeclampsia sono la pressione alta (ipertensione arteriosa) e la presenza di proteine nelle urine (proteinuria) che vengono rilevati durante le visite e i controlli periodici previsti in gravidanza. In alcuni casi, possono comparire anche dei disturbi (sintomi) come, ad esempio, dolore addominale, forte mal di testa, nausea e vomito, alterazioni della vista, tremori alle mani e aumento repentino di peso (talvolta di oltre 5 chili in una settimana). Se si nota la comparsa di uno di questi disturbi (sintomi) è importante rivolgersi immediatamente ad un medico.

L’individuazione delle donne con preeclampsia e con forme gravi di preeclampsia continua a essere una sfida per i medici. Le cause, infatti, non sono ancora del tutto chiare e le conoscenze attualmente disponibili sulla sua origine e sulle cure non si sono ancora considerabili definitive. È importante offrire attivamente alle donne in gravidanza, ed in particolare alle donne a maggior rischio e/o con pressione alta (ipertensione), un'adeguata informativa sulla preeclampsia, così da aumentarne la conoscenza e la possibilità di una precoce identificazione. Tutte le donne, prima e dopo il parto, devono ricevere informazioni sui segni e sui disturbi (sintomi) che essa provoca e, qualora sospettino di esserne colpite, sull’importanza di segnalarlo rapidamente ai professionisti sanitari che le seguono in gravidanza. Dovrebbero essere consapevoli che si tratta di una malattia grave legata alla pressione arteriosa alta che può colpire qualunque donna in gravidanza.

Sintomi

La preeclampsia si manifesta raramente prima della 20° settimana di gravidanza. Frequentemente compare dopo le 24-26 settimane. Si può verificare, seppure più raramente, anche nelle prime sei settimane dopo il parto.

Nella maggior parte dei casi i disturbi (sintomi) sono inizialmente lievi e possono comprendere:

  • mal di testa
  • visione offuscata o lampi visivi
  • nausea e vomito
  • dolore sotto le costole
  • dolorabilità al fegato
  • tremore alle mani
  • eccessivo aumento del peso (oltre 5 chili in una settimana)

È importante informare subito il medico qualora dovessero comparire tali disturbi. Anche se nella maggior parte dei casi la preeclampsia non provoca altri problemi e migliora subito dopo il parto, il rischio che possano verificarsi complicazioni gravi, sia per la madre che per il bambino, esiste.

Cause

Le cause della preeclampsia non sono ancora note. Alla base della malattia si riconosce un’alterazione nello sviluppo della placenta e dei vasi sanguigni che la irrorano, che può danneggiare lo scambio materno-fetale e rallentare la crescita del feto all’interno dell’utero.

Tra i fattori che possono aumentare la probabilità di sviluppare la preeclampsia, vi sono:

Diagnosi

La preeclampsia può verificarsi senza preavviso o manifestarsi in donne con pressione alta insorta prima o durante la gravidanza.

I principali segnali per l’accertamento (diagnosi) della malattia, sono:

Anche in assenza di proteinuria, è possibile diagnosticare una preeclampsia nel caso si rilevino altri segni come la riduzione delle piastrine (<100.000/mm3), danni nella funzionalità del fegato (livelli di transaminasi raddoppiati rispetto alla concentrazione normale), insufficienza renale (creatinina sierica >1,1 mg/dl) o l’insorgenza di sintomi neurologici.

Il segno principale della preeclampsia nel bambino è invece un ritardo della crescita dovuto al malfunzionamento della placenta che accompagna e caratterizza la preeclampsia.

L’accertamento della malattia è eseguito facilmente mediante il controllo della pressione arteriosa e l’esecuzione di esami del sangue e delle urine prescritti dal medico.

Recentemente è stato sviluppato un nuovo tipo di esame, già disponibile in Italia, che consente di predire l’insorgenza della preeclampsia, in donne che presentano fattori di rischio, fino a 4 settimane prima del manifestarsi dei disturbi, consentendo così di identificare le mamme a più alto rischio alle quali dedicare specifici accertamenti. Il test si basa sull’analisi del rapporto tra due biomarcatori sFlt-1 (Tirosin Chinasi 1 FMS-Simile solubile) e il PlGF (fattore di crescita placentare), avviene attraverso un semplice prelievo di sangue e permette di verificare non solo se la patologia si conclamerà, ma anche di capire se si manifesterà con una forma più o meno grave. 

Monitoraggio della pressione arteriosa

La pressione arteriosa (PA) deve essere rilevata periodicamente (in occasione di ogni visita di controllo) in tutte le donne in gravidanza, specialmente se a rischio di preeclampsia. Può essere misurata utilizzando apparecchi ambulatoriali o domiciliari. L’accuratezza degli strumenti impiegati per la misurazione della pressione arteriosa, sia nelle strutture sanitarie sia a domicilio, dovrebbe essere regolarmente verificata mediante confronto con uno strumento calibrato.

Le donne devono essere istruite sulle modalità appropriate del controllo e dell’interpretazione dei valori della PA con particolare riguardo al riconoscimento dei segnali di allarme che richiedono il coinvolgimento di un medico. Per il monitoraggio della PA è importante tenere presente che in gravidanza si considera normale una PA <140/90 mmHg.

Terapia

Il parto rappresenta la cura risolutiva della preeclampsia. Per questo motivo, la donna colpita è tenuta strettamente sotto controllo fino a che non sia possibile far nascere il bambino. In caso di sospetto della malattia la donna, in genere, è ricoverata in ospedale per ulteriori indagini specialistiche e per le eventuali cure necessarie. Di solito, se è presente solo la pressione alta senza altri disturbi, può tornare a casa purché effettui delle visite di controllo regolari, preferibilmente ogni3 giorni.

Se, invece, è confermata la diagnosi di preeclampsia dovranno essere eseguiti, in ospedale, una serie di accertamenti che comprendono:

  • monitoraggio della pressione arteriosa
  • regolari esami delle urine, per accertare la presenza di proteine
  • esami del sangue, per accertare la funzionalità di reni e fegato
  • controllo dello stato di salute del bambino, mediante eventuali ecografie per verificare il flusso di sangue attraverso la placenta, misurare la crescita fetale e osservarne i movimenti e, in base alla settimana di gravidanza, la cardiotocografia

Durante il ricovero non è raccomandato il riposo continuo a letto poiché non sono stati evidenziati vantaggi rispetto al riposo alternato a momenti in cui ci si muove. Nelle donne con preeclampsia non è dimostrato che iniziare una cura per la pressione alta, se i valori sono aumentati in modo lieve o moderato, possa migliorare gli esiti della gravidanza rispetto alla somministrazione della terapia solo in caso di ipertensione grave. Il parto rappresenta la cura risolutiva per la madre perché la protegge dall’insorgenza di eventuali complicazioni. In presenza di preeclampsia, la possibilità di attendere a indurre il parto è presa in considerazione solo prima della 37esima settimana di gravidanza, se il bambino è troppo piccolo per venire alla luce.

In ogni caso di preeclampsia grave, è raccomandato il parto immediato dopo aver stabilizzato le condizioni della mamma, a prescindere dalla settimana di gravidanza. In queste situazioni, in cui il parto possa prevedersi molto prima del termine della gravidanza, sono prescritti farmaci corticosteroidi che facilitano lo sviluppo dei polmoni del bambino, preparandolo a respirare al momento della nascita. Inoltre, in questi casi, i medici utilizzano un farmaco che si chiama solfato di magnesio che ha la capacità di ridurre la possibilità di complicanze cerebrali legate ad un parto prematuro nel bambino, e il rischio di una forma grave di preeclampsia nota come eclampsia nella mamma. L'eclampsia si manifesta sotto forma di una crisi epilettica e può avere conseguenze molto gravi.

Il parto vaginale rappresenta la prima scelta nelle donne in gravidanza con pressione alta e/o preeclampsia, fatta salva la presenza di altre indicazioni che rendano necessario il taglio cesareo.

Anche dopo il parto e le dimissioni dall’ospedale è bene tenere la pressione sotto controllo e potrebbe essere necessario continuare a prendere i farmaci antipertensivi per alcune settimane. Generalmente, la pressione alta (ipertensione) si risolve entro 6 settimane dal parto. Le donne con una precedente preeclampsia, specie se comparsa prima della 34° settimana, dopo il parto dovrebbero essere sottoposte a verifiche per rilevare l’eventuale presenza di una pressione alta (ipertensione) preesistente alla gravidanza o di una patologia renale.

Prevenzione

Non è ancora possibile predire e prevenire efficacemente la preeclampsia. Tuttavia, all’inizio della gravidanza è raccomandato prendere in esame i fattori di rischio noti per identificare, prima possibile, le donne che potrebbero esserne colpite e indirizzarle ad ambulatori specialistici che le seguano strettamente nel primo trimestre di gravidanza, quando vi è ancora possibilità di modificare una anomalia nella formazione della placenta. Attualmente, il modo più efficace per identificare la preeclampsia è la verifica dei fattori di rischio che deve essere effettuata in occasione del primo contatto con un professionista sanitario.

I principali fattori di rischio conosciuti sono:

  • preeclampsia in una gravidanza precedente
  • sindrome da anticorpi antifosfolipidi (una malattia autoimmune)
  • gravidanza multipla
  • pressione alta (ipertensione)
  • diabete
  • malattie del rene (o una proteinuria significativa al primo controllo di inizio gravidanza)

A oggi non è disponibile alcuna cura in grado di prevenire in maniera affidabile la preeclampsia. Ridurre il sale nell’alimentazione, limitare le calorie e assumere vitamine non si sono dimostrati dei metodi efficaci nella prevenzione della malattia.

Nelle donne ad alto rischio è raccomandata l’assunzione di aspirina a basso dosaggio (100 milligrammi al giorno) tutti i giorni, prima di coricarsi la sera, da iniziare dalla 12° settimana di gravidanza, e non oltre la 16° settimana, e da continuare fino al parto. È importante non assumere farmaci, vitamine o integratori senza prima parlarne con il medico.

Inoltre in molti centri italiani, è attualmente disponibile, contemporaneamente al test combinato o Bi-test che si esegue nel primo trimestre per la valutazione del rischio di anomalie cromosomiche, un test di screening per la preeclampsia. Questo test ha l’obiettivo di quantificare il rischio che la mamma ha di sviluppare preeclampsia durante la gravidanza attraverso alcuni biomarcatori che si dosano sul sangue della mamma (PAPP-A, proteina plasmatica A associata alla gravidanza e PlGF), la misurazione della pressione arteriosa, i dati derivanti dalla sua storia e un’ecografia che studia i vasi che portano il sangue alla placenta (le arterie uterine). Si effettua tra la l’11° e la 14° settimana di gestazione. Questo test consente di identificare le forme precoci e più gravi di malattia in circa il 90% dei casi. L’importanza del test è legata al fatto che alle mamme che risultino ad alto rischio il medico raccomanderà l’assunzione di aspirina ad un dosaggio più alto di quello prima indicato (150 milligrammi/die), sempre da cominciare prima delle 16 settimane e che consente di ridurre l’incidenza di preeclampsia.

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Prossimo aggiornamento: 28 Dicembre 2023

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