Introduzione

Test HIV

L'infezione da HIV (human immunodeficiency virus, virus dell’immunodeficienza umana) ha un andamento cronico, può non creare disturbi (essere asintomatica) per molti anni ed essere scoperta solo eseguendo il test specifico (Video).

In particolare, l'accertamento (diagnosi) dell’infezione da HIV si effettua mediante la ricerca nel sangue degli anticorpi specifici e dell’antigene denominato p24. La misura della quantità di virus circolante nel sangue (viremia-carica virale), invece, è principalmente effettuata per seguire nel tempo (monitoraggio) l’andamento dell'infezione.

Per evitare di contagiare altre persone e per iniziare prima possibile le cure necessarie, è indispensabile che chiunque abbia avuto comportamenti potenzialmente a rischio (leggi la Bufala) di infezione effettui il test HIV nelle modalità raccomandate dal Ministero della Salute (Video).

Quando si programma una gravidanza, o all'inizio del periodo di gestazione, è raccomandato eseguire il test HIV in modo da poter mettere in atto, qualora l’esito risultasse positivo, tutte le procedure possibili per ridurre il rischio di trasmissione del virus dalla madre al bambino (leggi la Bufala).

La legge n.135 del 1990 prevede espressamente che il test per la ricerca degli anticorpi anti HIV sia sempre effettuato nel rispetto delle garanzie di confidenzialità e riservatezza dei dati sanitari. Il decreto legislativo n.124 del 29 aprile 1998, richiamato anche nell'intesa tra stato, regioni e province autonome del 27 luglio 2011, all'art. 5, punto b, sottolinea la gratuità del test per la ricerca degli anticorpi anti HIV.

Il test si può eseguire negli ospedali o nei laboratori dei centri diagnostici, pubblici o privati, che siano autorizzati ad effettuarlo. È opportuno che, prima di sottoporvisi e al momento della consegna del risultato, sia effettuato un colloquio informativo (counselling) sulle modalità di trasmissione e sulle possibilità di accertamento dell'infezione da HIV e delle infezioni sessualmente trasmesse (IST) da parte di personale sanitario adeguatamente formato.

Per maggiori e più approfondite informazioni, nonché per sapere se, quando e dove effettuare il test, ci si può rivolgere al proprio medico curante oppure al Telefono Verde AIDS e IST dell'Istituto Superiore di Sanità/Ministero della Salute (800861061), ai Servizi della ReTe AIDS, al sito Uniti contro l’AIDS nonché, più in generale, ai servizi informativi delle strutture pubbliche e delle organizzazioni non governative.

Le strutture dove fare il test HIV sul territorio italiano sono elencate presso il sito di Uniti contro l'AIDS.

Il test

I test per l'HIV sono in grado di evidenziare la presenza del virus o degli anticorpi diretti contro di esso. Per accertare (diagnosticare) l'infezione da HIV il primo test da effettuare è la ricerca di anticorpi specifici nel sangue per mezzo di kit autorizzati e validi per tutti i tipi e sottotipi di HIV. I metodi prevalentemente utilizzati sono definiti ELISA, EIA, ELFA o chemiluminescenza e riconoscono solo gli anticorpi (test di terza generazione) o gli anticorpi insieme all'antigene p24 (test combinati di quarta generazione).

Gli anticorpi anti-HIV compaiono nel sangue in un periodo compreso tra 3 settimane e 3 mesi (periodo finestra) dopo il contagio ed è, quindi, possibile effettuare un test a partire da circa un mese dopo il comportamento o l’evento a rischio. Il risultato del test, però, per essere considerato definitivo, deve essere confermato dopo 3 mesi, nei test di terza generazione, mentre, secondo le indicazioni del Ministero della Salute, i test di quarta generazione, che sono più sensibili e riconoscono anche l'antigene virale p24, possono fornire un risultato definitivo a partire dai 40 giorni successivi all'evento a rischio. Bisogna tenere conto che nel periodo finestra si può trasmettere l'infezione e quindi, prima dell’esito definitivo del test occorre, proteggere eventuali rapporti sessuali con il preservativo.

Un'eventuale positività al test ELISA deve essere assolutamente confermata dal test denominato western blot. Più specifico del precedente, questo esame consente di evidenziare, su un supporto di nitrocellulosa, la presenza degli anticorpi contro i singoli antigeni dell’HIV. Richiede costi e tempi superiori rispetto al test tradizionale e deve essere effettuato da personale adeguatamente formato per la sua esecuzione e per la lettura dei risultati.

Attualmente sono disponibili test rapidi per la ricerca degli anticorpi anti-HIV che possono essere eseguiti sul sangue (basta una goccia) o sulla saliva (secreto gengivale).

I test rapidi sul sangue hanno una sensibilità comparabile a quella dei test tradizionali, mentre quelli sulla saliva, potendo essere condizionati da fattori individuali o dall'assunzione di alimenti e bevande, dovrebbero essere confermati da un test sul sangue. A parte un test rapido sul sangue acquistabile presso le farmacie, i test rapidi vengono di norma eseguiti presso ambulatori medici in presenza di personale qualificato o nell'ambito di iniziative di sensibilizzazione sul territorio.

Esistono, inoltre, test per la misurazione della quantità di virus nel sangue (carica virale o viremia) basati sulla tecnica molecolare di amplificazione genica (real time PCR). Estremamente sensibili, tali test sono in grado di individuare la presenza del materiale genetico virale e servono, principalmente, per seguire nel tempo l’andamento dell'infezione nelle persone in cui è già stata accertata (diagnosticata) e per gestire adeguatamente l'eventuale cura (terapia) anti-retrovirale.

La carica virale è infatti un indice del livello di riproduzione (replicazione) del virus e, quando la cura è efficace, la carica virale scende al di sotto del valore misurabile dal metodo utilizzato. Questo significa che il virus è mantenuto sotto controllo dalla terapia prevenendone i danni a carico del sistema di difesa dell’organismo (sistema immunitario). L’evidenza di carica virale non misurabile, tuttavia, non indica che l’infezione sia stata eliminata poiché nelle persone in cura, il virus si continua a riprodurre, ma a livelli molto più bassi, nel tessuto linfatico dell’organismo.

Risultati

I test di terza e quarta generazione per la ricerca degli anticorpi e dell'antigene p24 dell’HIV (ELISA, EIA, ELFA) sono estremamente sensibili e specifici e hanno probabilità estremamente basse di errore. Il test è considerato negativo quando il valore riscontrato è al di sotto di quello misurabile con la metodica e pertanto, si può escludere la presenza degli anticorpi o dell’antigene p24 nel sangue.

Se, invece, il risultato è chiaramente al di sopra di tale livello, il test è considerato positivo e indica, con un buon livello di certezza, la presenza degli anticorpi anti-HIV o dell’antigene p24.

Quando il valore numerico risulta intorno al livello misurabile, senza essere chiaramente al di sopra o al di sotto, l’esame dovrebbe essere ripetuto o dovrebbe essere eseguito il test alternativo western blot. Un’eventuale positività al test ELISA, comunque, deve sempre essere confermata dal test western blot affinché si possa considerare accertata (diagnosticata) l'infezione da HIV e possa essere comunicato il risultato alla persona interessata.

Il test western blot evidenzia la presenza degli anticorpi contro i singoli antigeni virali con un profilo caratteristico che consente di confermare la presenza dell'infezione.

Vi sono dei casi, tuttavia, in cui anche con un risultato positivo del test ELISA, il test western blot non evidenzia in maniera certa la presenza di anticorpi contro l'HIV, dando un esito indeterminato. Queste circostanze possono essere dovute, in rarissimi casi, ad un’anomalia metodologica del test ELISA o, più probabilmente, a livelli di anticorpi contro l'HIV molto bassi come avviene, ad esempio, in caso di un’infezione molto recente. In questi casi non è possibile stabilire con certezza se l’infezione da HIV sia presente e, quindi, è necessario sottoporsi ad un altro prelievo di sangue in un momento successivo.

Il test per la misura della carica virale (real time PCR) è estremamente sensibile e può rilevare la presenza del virus nel sangue confermando la positività degli altri test per l'HIV. Generalmente, è utilizzato per verificare l’andamento dell’infezione e l’efficacia della cura antiretrovirale nelle persone con l'HIV.

Vi sono casi in cui la carica virale non è riscontrabile nel sangue anche in presenza degli anticorpi anti-HIV, fenomeno che si verifica quando il virus si riproduce (replica) a bassi livelli solo nel tessuto linfatico perché è adeguatamente controllato dal sistema di difesa dell’organismo (sistema immunitario) o dalle cure.

Per questa ragione il test PCR non si può considerare da solo un test in grado di accertare (diagnosticare) l'infezione da HIV ed è sempre necessario eseguirlo in associazione al test ELISA.

Bibliografia

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Prossimo aggiornamento: 06 Marzo 2022

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