Studio shock in Svezia; cardiologi, ma siamo migliorati

(ANSA) - ROMA, 08 gennaio 2018

Il cuore delle donne potrebbe essere oggetto di discriminazione di genere e per questo ci sono più donne rispetto agli uomini (il triplo) che perdono la vita nell'anno successivo a un infarto. Succede inoltre che le donne più spesso degli uomini non ricevano sempre i trattamenti 'salva-vita' semplici che le linee guida prescrivono dopo un attacco cardiaco (dall'aspirinetta alle statine etc). E' quanto sostiene una ricerca condotta tra University of Leeds (in GB) e Istituto Karolinska di Stoccolma che ha coinvolto 180.368 individui tra uomini e donne, tutti reduci da un infarto tra 2003 e 2013. Secondo lo studio, pubblicato sul Journal of the American Heart Association e basato sui dati del registro svedese SWEDEHEART Registry, tante di queste morti in rosa potrebbero essere prevenute se dopo l'infarto lei ricevesse un trattamento alla pari rispetto a lui. Ma secondo il cardiologo Giuseppe Mercuro dell'Università di Cagliari, presidente della Società Italiana di Cardiologia, le cose sono molto migliorate negli ultimi anni, oggi la donna è al centro dell'attenzione non meno del maschio per quanto riguarda le cure cardiologiche e anche sul fronte delle terapie (sia meccaniche, ovvero l'applicazione di device come stent, sia farmacologiche) il gap uomo-donna è stato colmato. Lo studio, spiega Mercuro, potrebbe essere una fotografia fuori prospettiva e potrebbe diffondere sfiducia nelle donne. La medicina di genere, che tiene conto di differenze e peculiarità dei due sessi in genesi, decorso e gestione delle malattie, nasce negli anni '90 proprio dall'evidenza che il cuore delle donne è discriminato. Nel 1991, infatti, per la prima volta venne menzionata in medicina la "questione femminile". Bernardine Healy, cardiologa americana e Direttrice del National Institute of Health, pubblicò un editoriale sul New England Journal of Medicine, intitolato "The Yentl syndrome", nel quale evidenziava la differente gestione della patologia coronarica nei due generi, con un numero ridotto di interventi diagnostici e terapeutici effettuati sulle donne rispetto agli uomini, a parità di condizioni e, dunque, un approccio clinico-terapeutico discriminatorio e insufficiente se confrontato con quello praticato nei confronti degli uomini. A distanza di oltre 10 anni la situazione sembrerebbe non essere cambiata, almeno a giudicare dal maxi-studio su dati svedesi. Dal lavoro, infatti, è emerso che le donne hanno chance del 34% più basse dei maschi di essere sottoposte a procedure quali bypass e stent nelle situazioni in cui questi interventi servirebbero. Inoltre hanno chance del 24% inferiori rispetto ai maschi di vedersi prescritte le statine (contro il colesterolo alto), e una probabilità inferiore del 16% di ricevere la prescrizione di aspirina, che serve nella prevenzione dei trombi. Eppure queste medicine sono ugualmente raccomandate per entrambi i sessi. "La Svezia è leader in sanità - sottolinea un autore del lavoro, Chris Gale di Leeds - con uno dei più bassi tassi di mortalità per infarto, ciò nonostante ancora vediamo questa disparità nel trattamento e nell'esito delle cure tra i due sessi". (ANSA).